L’uso della terapia antiretrovirale
combinata ha sicuramente ridotto la mortalità per AIDS e l’incidenza di
demenza , ma non è riuscita a ridurre le forme più lievi dei disturbi
neuro cognitivi correlati all’infezione dice Norman Haughey, professore
associato di psichiatria alla Johns Hopkins University School of
Medicine e coordinatore di uno studio su Neurology.
I disturbi cognitivi si localizzano di
solito nelle “zone” della memoria e delle attività esecutive deputate ad
organizzare azioni per obiettivi o spostare l’attenzione su
informazioni più importanti. Chiaramente la riduzione delle funzioni
cognitive e la comorbidità psichiatrica rendono meno compliante il
paziente alla terapia. Alla base del danno ci sono dati obiettivi come
la riduzione del volume cerebrale, danni sinaptici o perdita di sostanza
bianca.
Sono stati studiati 524 campioni di
liquido spinale raccolti da 291 partecipanti sieropositivi e da 30
soggetti negativi all’infezione HIV reclutati nei centri di Stati Uniti,
Hawaii e Portorico. Nei soggetti HIV positivi si sono evidenziate
alterazioni del metabolismo del colesterolo e un accumulo di ceramide ,
una molecole composta da sfingosina e acidi grassi, influenzati dalla
terapia. Questa alterazione metabolica creando una sfingolipidosi (
accumulo lisosomiale di grassi ) può contribuire alla patogenesi delle
problematiche neuro cognitive associate all HIV.
E’ sempre importante che l’Andrologo informi il proprio giovane paziente che si rivolge a lui per i classici disturbi dovuti ad uretriti e MST sulla necessità di proteggersi anche nei confronti di questa invalidante patologia infettiva
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