venerdì 26 dicembre 2014

problemi vescicali nel paziente diabetico

articolo originale

Una delle principali cause delle complicanze del diabete mellito è la formazione degli AGEs, i prodotti avanzati della glicazione, i quali sono in grado di formare legami covalenti, molto forti, con le proteine, creando una alterazione nella loro struttura e quindi nella loro funzione.
Inoltre sappiamo che spesso il diabete si associa a problematiche urinarie di origine vescicali, quali vescica iperattiva o ostruzioni delle basse vie urinarie (LUTS).
Chiaramente le alterazioni strutturali delle proteine vescicali possono  interferire con la funzione vescicale sia indirettamente  (neuropatia e microangiopatia), sia direttamente con danni al tessuto interstiziale.
Il lavoro riportato ha dimostrato una correlazione tra i livelli serici dei prodotti avanzati della glicazione  e i disturbi del basso tratto urinario, confrontandoli con i più comuni quadri uro dinamici nel paziente affetto da diabete di tipo II.
Sono stati arruolati 40 pazienti affetti da diabete mellito di tipo II e sofferenti da almeno cinque anni di ostruzione delle vie urinarie (LUTS) di grado medio/severo.
Sono stati sottoposti a controlli clinici quali : Emoglobina glicosata (Hc1Ac), velocità di filtrazione glomerulare (VFG), esame del fonso oculare, valutazione  di eventuale neuropatia centrale (RMN) o periferica), esame urine completo con urinocoltura, ecografia dell’apparato urinario con valutazione del residuo post minzionale, Uroflussometria (UFM), studio urodinamico.
In tutti i pazienti sono sono stati dosati i prodotti avanzati della glicazione ( AGEs )sierici ed urinari
I risultati di questo studio hanno correlato:
  • vescica iperattiva e ipocontrattile con  alti livelli di AGEs  sierici
  • vescica iperattiva o vescica ipocontrattile con  livelli medio/bassi di AGEs

Conclusioni
L’aumento degli AGEs sierici, associati a una ridotta Filtrazione Glomerulare e ad una iperglicemia di lunga data, è responsabile  nella insorgenza  delle disfunzioni vescicali del paziente diabetico.

lunedì 1 dicembre 2014

Incontinenza urinaria da urgenza e biofeedback




L’incontinenza da urgenza  è maggiormente rappresentata tra le donne anziane. Le terapie proposte purtroppo non hanno portato miglioramenti sostanziali negli ultimi 40 anni , con un raggiungimento di risultati, valutabili in "vescica asciutta", nel 20% delle pazienti.
Tutte le principali organizzazioni nazionali ed internazionali raccomandano l’uso del biofeedback come primo passo terapeutico,  dal momento che può già di per se avere ottimo successo e di contro non presentare gli effetti collaterali della terapia farmacologica.
Malgrado ciò tale metodica  è sicuramente sottoutilizzata, poiché richiede un lavoro sicuramente più impegnativo, sia organizzativo che di manodopera.
Sarebbe allora più giusto e utile poter riconoscere, con esami strumentali, quali pazienti  affette da urge incontinence si gioverebbero del trattamento di biofeedback.
Questo studio , che ha coinvolto 649 donne affette da urge incontinence ha portato a delle chiare conclusioni.
Si è  evidenziato come l’incontinenza da vescica iperattiva di grado severo sia poco rispondente al  biofeedback .  Un riduzione della iperattività ha permesso però di ottenere ottimi risultati anche con tale metodica in vesciche neurologiche iperattive che avrebbero dovuto altrimenti  subire trattamenti farmacologici molto più aggressivi

mercoledì 5 novembre 2014

Testosterone ed eiaculazione


Testosterone ed eiaculazione


Il testosterone (T) gioca un ruolo cruciale nella risposta sessuale maschile agendo sia a livello centrale sia a livello periferico . In particolare, diverse evidenze dimostrano come il T rappresenti il carburante per la regolazione del desiderio sessuale maschile oltre a regolare il trofismo dei corpi cavernosi e diverse tappe enzimatiche coinvolte nei processi di tumescenza e detumescenza peniena.
Dati recenti provenienti da modelli animali e studi clinici sembrano, inoltre, supportare un ruolo del T nel controllo del riflesso eiaculatorio. Keleta e collaboratori  hanno di­mostrato come il trattamento a lungo termine con T in ratti comporti una riduzione dei livelli cerebrali di serotonina, principale mediatore centrale del riflesso eiaculatorio. Nuclei spinali coinvolti nel controllo eiaculatorio come il nucleo del nervo bulbo-cavernoso sono androgeno-dipendenti .
Analogamente muscoli coinvolti nella fase espulsiva del riflesso eiaculatorio come il musco­lo bulbo-cavernoso e altri muscoli del pavimento pelvico sono profondamente influenzati dai livelli degli androgeni circolanti .
Il T influenza positivamente anche la fase di emissione del riflesso eiaculatorio. II sistema integrato NO-PDE5, uno dei fattori più importanti coinvolti nella contrattilità del tratto genitale maschile (MGT), è in effetti modulato dal T. Modelli sperimentali di ipogonadi­smo ipogonadotropo sono caratterizzati da una riduzione della espressione di PDE5 con secondaria ridotta contrattilità delle vie del MGT. Tale situazione è totalmente revertita dalla somministrazione di T.
Le evidenze cliniche sono in linea con i dati sperimentali: pazienti con eiaculazione precoce si caratterizzano per livelli più elevati di T, mentre soggetti con eiaculazione ritardata sono più frequentemente ipogonadici .
In conclusione, i livelli circolati di androgeni sembrano modulare il riflesso eiaculatorio ma­schile attraverso diversi meccanismi. In presenza di un'eiaculazione ritardata è opportuno escludere un ipogonadismo. Sono in corso studi per verificare se e come la correzione dei livelli di T in pazienti con eiaculazione ritardala possa portare ad un miglioramento dei tempi eiaculatori.

domenica 26 ottobre 2014

ruolo dell’infiammazione della prostata nella patogenesi e nella progressione dell’lPB.

Prostata normale e ipertroficaL'iperplasia prostatica benigna (IPB) è una delle malattie più comuni asso­ciate al processo di invecchiamento negli uomini, in particolare di età > 50 anni, ma ne sono stati identificati solo alcuni fattori predittivi. Negli ultimi anni, l’attenzione si è focalizzata sul ruolo dell’infiammazione della prostata nella patogenesi e nella progressione dell’lPB.

 Nel marzo 2013, in occasione del meeting dell’European Association of Urology a Milano, Italia, si è tenuto un simposio satellite dal titolo “Be- nign Prostatic Hypertrophy (BPH) and Inflammation, from Lab to Clinic” (Ipertrofia Prostatica Benigna (IPB) e infiammazione, dal laboratorio alla clinica), con l’obiettivo di riesaminare gli ultimi dati relativi al legame tra infiammazione e IPB. Questo do­cumento si basa su una delle presentazioni di questo simposio. È stata condotta una ricerca strutturata della letteratura su PubMed e l’accento è stato posto sui risultati degli scorsi 10 anni.
Questo articolo esamina i recenti risultati relativi al potenziale legame tra infiammazione locale e sistemica e IPB
L’IPB è caratterizzata da progressiva iperplasia delle cellule stromali e ghiandolari e, clinicamente, viene definita dai sintomi del tratto urinario inferiore. Nel corso degli ultimi anni, è stata sempre maggiore l’evidenza a sostegno di un collegamento tra infiammazione prostatica e IPB. Gli infiltrati infiammatori os­servati nei pazienti con IPB sono composti principalmente da linfociti T cronicamente attivati. Le citochine e i fattori di crescita rilasciati dalle cellule infiammatorie creano un ambiente proinfiammatorio, che può sostenere la crescita fibromuscolare osser­vata nell’IPB e può anche essere responsabile dell’induzione di uno stato di relativa ipossia, causato dalla maggiore richiesta di ossigeno da parte delle cellule proliferanti. Diversi studi clinici hanno confermato la presenza dell’infiltrato infiammatorio negli uomini con IPB, che si è dimostrato coinvolto nella patogenesi, nel quadro clinico e nella progressione di questo disordine. Un’evidenza emergente sembra confermare che rinfiammazione sistemica possa anche rivestire un ruolo nell’lPB, poiché negli uo­mini con sindrome metabolica si è trovata una significativa correlazione tra diametro/ volume della prostata e numero di componenti della sindrome metabolica. Conclusioni:È chiaro che un certo numero di meccanismi differenti sono coinvolti nella sviluppo e nella progressione dell’lPB. L’infiammazione della prostata è un ele­mento importante, perché sembra essere coinvolta nella patogenesi, nella sintomato­logia e nella progressione della malattia.

lunedì 6 ottobre 2014

Camera Iperbarica nelle patologie urologiche

fonte

Camera iperbarica in Urologia

La ossigenoterapia iperbarica viene usata in diverse patologie urologiche: nella fascite necrotizzante scroto-perineale e nella cistite e proctite attiniche il suo uso è ormai codificato, nella sindrome minzionale urgenza/frequenza e nelle sindromi pelviche dolorose croniche è ancora oggetto di ricerca.
Il principio sul quale si fonda l’uso della HOT è l’incremento dell’O2 disciolto nel sangue, che viene ceduto ai tessuti per gradiente pressorio; la iperossigenazione tissutale realizza una azione antinfiammatoria ed antalgica, incrementa la permeabilità batterica agli antibiotici, rafforza l’azione macrofagica e linfocitaria, potenzia la neoangiogenesi tissutale, incrementa nel maschio la sintesi di testosterone ed infine migliora la guarigione delle ferite e la rigenerazione dei tessuti.
Nello studio riportato in bibliografia sono stati sottoposti ad HOT, integrando altri trattamenti, 17 casi di fascite scrotoperienale, 12 cistiti attiniche e 4 casi di sindrome urgenza/frequenza. I risultati sono stati eccellenti con buona detersione delle aree disseccate a seguito di gangrena di Fournier, nei casi di cistite attinica abbiamo ottenuto un transitorio miglioramento della sintomatologia e del dolore.
L’esperienza e la specifica letteratura sull’argomento, inducono a ritenere che la HOT, associata ad altri trattamenti medici chirurgici, possa essere un valido dispositivo terapeutico per trattare alcune patologie di interesse urologico; nei casi di Gangrena di Fournier e di cistite attinica è ben documentato questo effetto, nei casi di sindrome urgenza/frequenza e di sindrome pelvica dolorosa cronica è una metodica promettente che necessita di ulteriori ricerche ed approfondimenti.

sabato 20 settembre 2014

Risonanza magnetica e biopsia nella diagnosi del carcinoma prostatico


In questo articolo, Park et al. Hanno analizzato il potenziale incremento di diagnosi tumorale associato alla risonanza magnetica 3 – Tesla (MRI) eseguita prima di una biopsia prostatica trans-rettale eco guidata (TRUS) in pazienti con valori di antigene prostatico specifico (PSA) superiori alla norma ( >4.0 ng/ml). In questo studio prospettico sono stati inclusi 89 pazienti, successivamente stratificati in due gruppi: nel primo gruppo i pazienti sono stati sottoposti prima ad una MRI e poi TRUS, mentre nel secondo gruppo è stata eseguita solo la TRUS. I risultati dimostrano un incremento associato alla MRI pre-biopsia sia nel tasso di detection tumorale (30 vs. 10% per pazienti con o senza MRI, OR=3.9, p= 0.03), sia nel tasso di prelievi positivi (9.9 vs. 2.2%, OR= 4.2, p= 0.001).
Inoltre il tasso di biopsie positive è risultato maggiore sia per quelle sistematiche (7.7 vs. 2.4%, OR= 3.4, p >0.05) che per quelle mirate (38 vs 0%), anche se in quest’ultimo caso in modo non statisticamente significativo. Questi dati dimostrano come la MRI pre- TRUS incrementi il tasso di detection tumorale.
Le considerazioni derivanti da questi risultati sono innumerevoli. Innanzitutto, l’MRI pre-bioptica può essere utile come test preliminare volto ad identificare pazienti con PSA elevato e con neoplasia significativa che richiedono un trattamento.
Tale strategia può evitare una biopsia superflua, in caso di assenza di malattia o di neoplasia non significativa.  Inoltre, l’accuratezza stadiativa sarebbe migliore, data l’assenza di artefatti dovuti all’emorragia conseguente a biopsia. Infine, la valutazione con MRI può essere importante in un regime di sorveglianza attiva. Nonostante i benefici, non vanno dimenticate le implicazioni economiche derivanti dall’esecuzione di una MRI in ogni paziente che necessiti di biopsia. In questo senso, va ricordato che negli Stati Uniti il numero di soggetti sottoposti a biopsia è pari a circa 1 milione all’anno. L’uso della MRI in ciascuno di quei pazienti può portare ad un incremento importante dei costi. D’altra parte, la spesa potrebbe essere bilanciata dal risparmio sulle biopsie superflue. E’ infatti stimato che il costo ad esse associato negli Stati Uniti sia di 2 miliardi di dollari. In conclusione, non è possibile stabilire se una MRI pre-biopsia incrementi o meno i costi nella gestione di pazienti con PSA elevato. Solo uno studio prospettico e randomizzato potrà analizzare il rapporto costo-beneficio di tale strategia diagnostica. Di certo, è importante come urologi potersi affidare ad un centro che possieda una tecnologia per MRI di elevato livello e ad un radiologo veramente preparato.




Prospective evaluation of 3-T MRI performed before initial transrectal ultrasound-guided prostate biopsy in patients with high prostate-specific antigen and no previous biopsy

martedì 2 settembre 2014

Tumore della prostata e fumo di sigaretta




Tutti conosciamo la correlazione che esiste tra l’abitudine al fumo e il rischio di sviluppare patologie tumorali. Per l’urologo il tumore della vescica vede appunto tra le cause principali proprio il fumo di sigaretta, non dimentichiamo che l’urina contiene tutte le sostanze tossiche con cui veniamo a contatto.
Uno studio che si proponeva di verificare l’impatto sulla salute cardiovascolare e sull’outcome oncologico ha arruolato 5366 uomini, a cui è stato diagnosticato un carcinoma prostatico. Nelle complesse analisi multivariate si evidenziava che i fumatori avevano un rischio di morire per cancro della prostata 1.6 volte più alto rispetto ai non fumatori.
Questo è il primo studio epidemiologico che associa fumo di sigaretta a mortalità per carcinoma prostatico.
Teniamolo in considerazione

martedì 19 agosto 2014

Tramadolo e controllo della eiaculazione precoce

L'eiaculazione precoce (EP) è un problema diffuso nella popolazione maschile e può portare a grave disagio. Il trattamento farmacologico del PE è stato limitato principalmente agli agenti topici e ai farmaci serotoninergici. Purtroppo i farmaci serotoninergici hanno molti effetti di natura psichiatrica e sessuologica . Il tramadolo è un analgesico sintetico ad azione centrale. Il meccanismo mediante il quale inibisce l'eiaculazione è scarsamente compreso.
La molecola è ormai conosciuta e già da tempo è stata introdotta e spiegata su questo portale dai vari colleghi.
Riporto l’esperienza di uno studio Europeo che ne convalida la possibilità di una valida applicazione terapeutica.
Bar-Or et al. Hanno riportato i risultati di uno studio randomizzato in doppio cieco, controllato con placebo con l’uso di una pastiglia di tramadolo-(ODT) a 62mg e 89mg versus placebo.
Seicento uomini sani di età compresa tra 18-65 anni con EP permanente e un tempo di latenza dell'eiaculazione intra-vaginale (IELT) di ≤ 120s sono stati inclusi nello studio. Gli uomini che hanno ricevuto tramadolo ODT hanno sperimentato aumenti significativi IELT rispetto al placebo. E’ stata confermata maggior soddisfazione nel rapporto sessuale e maggior controllo dell'eiaculazione.
 Gli eventi avversi sono ragionevolmente bassi - il 7% per il placebo e il 12% e il 16% per le dosi 62mg e 89mg (ed è in linea con studi precedenti). Non ci sono stati eventi avversi gravi. 
Il tramadolo può avere un ruolo nel trattamento di uomini con EP - in particolare quegli uomini non desiderosi di prendere farmaci serotoninergici.

Cannabis e Fertilità

I ragazzi che fanno uso di cannabis possono essere mettere a rischio la loro fertilità interferendo sulle dimensioni e la forma dei loro spermatozoi secondo una ricerca recente svolta nel Regno Unito.
Questo studio di portata mondiale si è posto l’obiettivo di verificare come li stili di vita influenzino l’indice di fertilità agendo sulle dimensioni e la forma degli spermatozoi.
Un gruppo di ricerca delle Università di Sheffield e Manchester ha evidenziato come queste caratteristiche peggioravano nei periodi estivi anche se sembra migliorare nell’astinenza che si protrae per più di sei giorni (su questo forse c’è molto da discutere e rimando alle news del Dr. Biagiotti sull’argomento).
Del resto altri fattori di stile di vita comuni, riportati dagli uomini, tra cui fumare sigarette o bere alcolici, sembrava avere poco effetto.
Lo studio ha preso in considerazione 2249 uomini facenti riferimento a 14 centri della fertilità del Regno Unito, chiedendo loro la compilazione dettagliata di questionari che indagavano sulle abitudini e lo stile di vita. Sono stati selezioni gli uomini con una presenza nell’eiaculato di forme normali di spermatozoi inferiore al 4%. In questa fascia sono rientrati 318 uomini con un gruppo di 1652 di controllo che aveva una percentuale uguale o superiore al 4% (gli spermiogrammi ritenuti idonei allo studio erano in tutto 1970).
Il gruppo di 318 uomini con forme normali inferiori al 4% aveva raccolto maggiormente il liquido seminale nel periodo giugno-agosto o, se più giovani dei 30 anni, avevano fatto uso di cannabis nei tre mesi precedenti.

domenica 20 aprile 2014

Nuovo farmaco per curare i problemi di erezione

Nuovo farmaco per curare i problemi di erezione

Presentata a Stoccolma in occasione del Congresso Europeo di Urologia e appena arrivata nelle farmacie italiane, la nuova pillola è la prima prodotta da un'azienda italiana, la Menarini, ed utilizza il principio attivo Avanafil, più tollerato degli altri principi attivi e con un'elevata efficacia in tutte le categorie di pazienti.

Secondo uno studio internazionale condotto su 686 pazienti e recentemente pubblicato sulla rivista International Journal of Clinical Practice, rilevano gli esperti, ben otto uomini su dieci rispondono molto bene al nuovo farmaco, che è efficace anche nei pazienti con un grado più severo di disfunzione erettile.

La Disfunzione Erettile (DE), nota anche come impotenza, è definita come la persistente o ricorrente incapacità di raggiungere e mantenere un'erezione sufficiente ad avere una prestazione sessuale soddisfacente. Si stima che il 5-20% degli uomini sia colpito da DE moderata-grave durante la vita sessuale. Sebbene l'incidenza della DE aumenti negli uomini over-40, ricerche recenti hanno dimostrato che 1 paziente su 4 con DE di recente diagnosi ha un'età inferiore ai 40 anni. La DE può avere una causa organica, psicogena o mista. La Disfunzione Erettile di origine organica è la più comune e deriva da cause vascolari o ormonali. Spesso è segno di una patologia sottostante non riconosciuta, come una malattia cardiovascolare o il diabete. LA DE, inoltre, può esordire in seguito ad un intervento chirurgico o come conseguenza di un evento avverso ad un farmaco.

venerdì 14 marzo 2014

Eiaculazione precoce nella coppia: la donna


La coppia

Eiaculazione precoce nella coppia: la donna


Non sempre al primo posto tra le urgenze della coppia troviamo la disfunzione erettile.
Spesso il disagio maggiore è nelle conseguenze subite dalla relazione a causa della precocità.
La coppia è un sistema, un sistema è dinamico per definizione. Nella coppia, in quanto sistema dinamico, gli elementi si influenzano vicendevolmente. La relazione è proprio il luogo d’intersezione tra disagio individuale e disagio di coppia.
Il sintomo sessuologico è il modo per comunicare al partner questo disagio. Perché il sesso è uno dei principali modi di sperimentare la relazione.  Ed è il primo canale a non funzionare quando non funziona la relazione. L’eiaculazione precoce, nello specifico diviene l’unico modo possibile per dire : ci sono snche io, o faccio come mi pare, o, più semplicemente , a letto comando io.
Quello che arriva però al sessuologo è il dopo sintomo.
Ed è come se, fatto il danno, la marachella, il misfatto, nessuno ricordasse più perché l’aveva fatto.
Per l’uomo, dopo, c’è senso di frustrazione, per l’incapacità di accompagnare la sua donna all’orgasmo, c’è ansia da prestazione legata alla paura che il sintomo si ripresenti in ogni rapporto dopo essersi presentato qualche volta, c’è tendenza alla svalutazione, difficoltà a gestire eventuali avances della partner, tendenza ad evitare rapporti sessuali o anche solo coccole, petting e preliminari.
Difficoltà ad avvicinare o solo a conoscere altre donne, paura di fidarsi, di sé, degli altri.
Nella donna c’è, all’inizio, incapacità nel riconoscere il disagio del partner come un problema . Per qualcuna c’è addirittura un forte sentimento di soddisfazione: “se arriva subito all’orgasmo è perché mi desidera tanto”, “Mio marito non riesce neanche a guardarmi mentre mi svesto che….”
Ebbene sí, la donna dell’eiaculatore precoce è una che si ipervaluta. E’ infantile e narcisista al limiti del patologico ma molto rigida e direttiva.
Dopo qualche tempo, ma le donne sono un diesel, spesso ci vogliono anni, la soddisfazione cede il posto allo svilimento, alla frustrazione, alla delusione verso quel partner che in qualche modo ha barato ! non eccitatissimo ma imbranato, infantile, quasi… quasi… impotente. Nel senso di senza forza …di andare avanti, di continuare…di trattenersi. E forse è questa la verità.
L’uomo che soffre di eiaculazione precoce spesso non può più trattenersi… E la sessualità, e con essa la eiaculazione precoce, diventano un pretesto, un alibi per poter esprimere tutta la propria rabbia verso una partner percepita come esigente, umiliante, giudicante.  Una parte di cui inconsciamente non ci si fida più, a cui non si riesce più ad “affidarsi”, da cui, per dirla in breve, si scappa! E di corsa pure.
Per questo, anche per questo, l’eiaculazione precoce non è un sintomo dell’individuo ma della coppia e della relazione. Per questo, in sessuologia, spesso, il soggetto portatore del sintomo è considerato malato, ma il malato sa che il virus è nella partner.

giovedì 13 febbraio 2014

L’ipertrofia prostatica può cambiare le caratteristiche del liquido seminale?


Prostata normale e ipertrofica
 E’ forse un concetto  scontato il fatto che la patologia prostatica si ripercuote sulle caratteristiche del liquido seminale, poiché quest’ultimo è composto in buona percentuale proprio dal liquido prostatico.
Ma quali sono gli elementi che vengono modificati?
Dalla revisione sistematica della letteratura scientifica si evince che le variazioni qualitative e quantitative dell’eiaculato nell’IPB riguardano principalmente il liquido prostatico. Sembra che il citrato e lo zinco siano gli elementi maggiormente modificati.
Lo zinco sembra essere quasi raddoppiato nei pazienti affetti da IPB , mentre è sicuramente ridotto nelle prostatiti e nell’adenocarcinoma.
Al contrario il citrato normalmente prodotto in grandi quantità dalle cellule prostatiche in condizioni di normalità, risulta significativamente ridotto nei pazienti affetti da IPB , probabilmente proprio per il processo di proliferazione della parte centrale della ghiandola che non è in grado di produrre il citrato.
Ci sono poi altre modificazioni forse più collegate ai fenomeni infiammatori che alle modificazioni istologiche. Ricordiamo un aumento del rapporto LDH-5/LDH-1 e un aumento della frazione C3 del complemento.
Inoltre nel 36/70 % dei pazienti affetti da IPB è presente una riduzione o assenza dell’eiaculato , la cui eziopatogenesi non è ancora ben chiara. ( compressione dei dotti eiaculatori ? )

mercoledì 1 gennaio 2014

Un potente antinfiammatorio pronto a combattere l'HIV



I ricercatori del Gladstone Institutes hanno scoperto il meccanismo che “uccide” le nostre cellule del sistema immunitario T CD4 predisponendo quindi all’attacco virale da HIV e all’AIDS.
Tra l’altro è stato individuato un farmaco antiinfiammatorio che riesce a bloccare ed impedire la morte di queste importanti cellule del sistema immunitario.
Si sta pianificando un trial in fase due da testare su persone sieropositive
La protagonista è una proteina chiamata IF116 che è in grado di riconoscere i frammenti di DNA di HIV all’interno delle cellule immunitarie colpite da una infezione detta abortiva , cioè dove il virus non si replica ma fa cofidicare e produrre alcune proteine. In queste cellule colpite si viene ad attivare un enzima chiamato caspasi-1 in grado di creare un processo di piroptosi , cioè una forma di infiammazione “infuocata” che porta a morte cellulare. Questo processo ripetitivo porta alla lunga alla morte cellulare.
Negli studi che si stanno approntando, si sta testando un potente antinfiammatorio in grado di bloccare la caspasi-1 rompendo il ciclo cellulare di infiammazione/morte.
Questo era il meccanismo già evidenziato nel 2010 in uno studio che evidenziava come l HIV provasse a infettare le cellule immunitarie inducendo queste a una forma di suicidio con la finalità di proteggere l’organismo e portando quindi al collasso immunitario con cui si identifica l’AIDS.
In teoria la proteina IK116 , un sorta di sensore del DNA, che ho nominato all’inizio dell’articolo, invia segnali all’enzisma caspasi-1 che a sua volta attiva il processo di “ morte cellulare infuocata” la piroptosi
Se, come promesso, un potente antiinfiammatorio potesse bloccare l’attività di tale proteina avremmo fatto un passo in avanti nella cura di tale patologia, abbassando anche la resistenza agli antivirali.
Compito dell’andrologo sensibilizzare sempre i propri pazienti al rispetto della propria salute, anche con regole sul comportamento sessuale

Gli studi, pubblicati su Nature e su Science, sono intitolati rispettivamente: Cell death by pyroptosis drives CD4 T-cell depletion in HIV-1 infectionIFI16 DNA Sensor Is Required for Death of Lymphoid CD4 T Cells Abortively Infected with HIV.